Il 19% dell’acqua ad uso potabile in Lombardia risulterebbe contaminata da Pfas, pericolose sostanze perfluoroalchiliche utilizzate in industria ed associate a numerosi problemi per la salute tra cui alcune forme di tumore.
Questa la recente denuncia di Greenpeace sulle sostanze altamente persistenti – per queste soprannominate forever chemicals – e associate a problemi alla tiroide, danni al fegato e al sistema immunitario, riduzione del peso alla nascita dei neonati, obesità, diabete, elevati livelli di colesterolo e riduzione della risposta immunitaria ai vaccini, diabete gestazionale, impatto negativo sulla fertilità.
Il dato preoccupante della rete idrica lombarda emerge proprio dall’indagine di Greenpeace Italia in seguito a numerose richieste di accesso agli atti indirizzate a tutte le Agenzie di tutela della salute e agli enti gestori delle acque potabili lombarde.
Dopo il Veneto, quindi, anche la Lombardia deve fare i conti con la contaminazione delle acque da Pfas.
I risultati dei circa 4 mila campioni analizzati dagli enti preposti tra il 2018 e il 2022 parlano chiaro: quasi il 19% del totale è risultato positivo alla presenza di Pfas.
Livello di inquinamento che, però, potrebbe essere molto sottostimato se si considera che le analisi sono state parziali e non capillari.
Greenpeace: “Emergenza sanitaria fuori controllo”
“L’indagine condotta in Lombardia svela l’esistenza di un’emergenza ambientale e sanitaria fuori controllo, che le autorità locali e nazionali continuano a sottostimare, nonostante sia chiaro che la contaminazione da Pfas coinvolga migliaia di persone, spesso esposte al rischio in modo inconsapevole”, dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. “Chiediamo – prosegue – al governo, al Parlamento e ai ministeri competenti di assumersi le proprie responsabilità approvando in tempi brevi una legge che vieti l’uso e la produzione di tutti i Pfas, insieme all’adozione di adeguati provvedimenti di bonifica e all’individuazione di tutti i responsabili dell’inquinamento”.
A Milano un campione su tre è contaminato
Guardando ai dati provinciali, la percentuale più elevata di campioni contaminati riguarda la provincia di Lodi, con l’84,8% positivo alla presenza di Pfas; a seguire le province di Bergamo e Como, rispettivamente con il 60,6% e il 41,2%.
Tuttavia, in termini assoluti, la provincia di Milano ha il triste primato del maggior numero di campioni in cui sono stati rilevati Pfas (ben 201), seguita dalle province di Brescia (149) e Bergamo (129).
Particolari criticità emergono anche nei comuni di Crema (CR), Crespiatica (LO), Pontirolo Nuovo (BG), Rescaldina (MI) e nella zona di Cantù-Mariano Comense (CO).
La mappa consente di verificare quanti campioni di acqua a uso potabile non rispettano i valori limite più cautelativi vigenti o proposti in altre nazioni come la Danimarca o gli Stati Uniti. Analizzando i risultati dei campioni inviati a Greenpeace Italia si nota come parte dell’acqua della Lombardia sarebbe considerata non potabile secondo i nuovi parametri proposti negli Stati Uniti (il 13,1%) o quelli vigenti in Danimarca (il 13,4%).
I gestori: “Bevete serenamente dal rubinetto”. Ma molti dati aprono scenari meno rassicuranti
Contattata dal Corriere della Sera, Water Alliance, la rete che unisce i gestori regionali, replica all’analisi dei Greenpeace: “Sono proprio i costanti controlli effettuati dalla rete dei laboratori dei singoli retisti a consentire di conoscere con precisione la qualità dell’acqua. Da tempo i gestori del servizio idrico sono impegnati sul fronte della sicurezza e della riduzione dei Pfas nell’acque di falda che non va confusa con quella che beviamo: prima di uscire dal rubinetto, l’acqua viene infatti sottoposta a un capillare processo di potabilizzazione che esclude qualsiasi danno per la salute. Bevete serenamente l’acqua del rubinetto”.
Tuttavia, come dimostra la tabella pubblicata da Greenpeace (clicca qui per consultarla), in molte realtà, come a Bergamo, la contaminazione da Pfas viene rilevata nel post trattamento, ovvero dopo che l’acqua è stata captata e sottoposta a procedimenti per eliminare gli eventuali inquinanti. Dunque è possibile che i controlli svolti periodicamente dai gestori non avvengano tutti nello stesso punto.
Spiega Giuseppe Ungherese al Salvagente: “È proprio così: consultando i documenti che ci sono stati inviati, alcuni controlli vengono fatti nei pozzi, altri in una fase pre trattamenti, altri ancora in post trattamento. Tutti però sono stati realizzati sull’acqua ad uso potabile immessa nella rete acquedottistica lombarda. Chiediamo per questo alla Regione Lombardia di individuare tutte le fonti inquinanti e di avviare un piano di monitoraggio regionale sulla presenza di Pfas nelle acque potabili”.
Anche se trattata, l’acqua contiene ancora Pfas
L’assenza di una legge non è l’unico problema. Nonostante diverse nazioni in Europa (Germania, Paesi Bassi, Svezia, Danimarca e Norvegia) abbiano chiesto di vietarne uso e produzione e in Veneto ci sia il più grave caso di contaminazione da Pfas del continente europeo, in Italia queste sostanze non sono attualmente inserite tra i parametri da monitorare nelle acque destinate al consumo umano.
Gli enti gestori delle acque non sono obbligati a verificarne la presenza negli acquedotti.
“E nei casi in cui vengono eseguite delle indagini – racconta Greenpeace – i parametri di riferimento sono quelli stabiliti dal ministero della Salute nel 2014, che però non sono a tutti gli effetti dei limiti di legge nazionali”.
Finora, quindi, è stata effettuata una ricerca discrezionale da parte di gestori e delle Ats, che diventerà obbligatoria solo nei prossimi anni grazie al recepimento delle Direttiva comunitaria 2020/2184, con il decreto Legislativo 18 del 23 febbraio 2023.
“Ci vediamo in tribunale”
I gestori degli acquedotti hanno subito minimizzato i valori rilevati da Greenpeace, parlando di messaggio fuorviante, sbagliato, atto a terrorizzare la popolazione. E quindi si tuteleranno nelle rispettive sedi.
Non che ci si aspettasse nulla di diverso…
Però, l’unica domanda sensata rimane questa:
“Chi tutela i cittadini?”
E probabilmente assisteremmo ad una tristissima scena muta.
Ma non solo.
Come si può parlare di “valori incoraggianti” dovuti alla bassa presenza di Pfas nell’acqua per il consumo umano, se tra le linee guida per un sicuro benessere leggiamo “acqua salubre e pulita?”.
Allora è evidente che qualcosa non quadra.
Infatti, un’acqua contaminata non può certo essere salubre.
E allo stesso modo, un’acqua potabile con parametri misurati una tantum non può certo ritenersi sicura al 100%… soprattutto se poi si trovano tracce di Pfas e metalli pesanti.
Quello che è sicuro, invece, è che tu non vuoi ingerire sostanze pericolose per la tua salute e per quella dei tuoi cari…
E sai bene che non saranno le bottiglie in plastica ad allontanare questo rischio.
Ecco perché, da oltre dieci anni, aiutiamo le persone ad ottenere acqua pura e decontaminata direttamente dal rubinetto di casa, senza sforzi, grazie ad un’intera linea domestica di filtrazione dell’acqua.
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Un impianto di depurazione domestica ad osmosi inversa annulla l’eventuale presenza di residui di Pfas, metalli pesanti, calcare, cloro. E tanto altro.
Così, oltre a proteggere il tuo benessere, potrai dire addio per sempre all’acqua in bottiglia e a tutti i fastidi che ne scaturiscono: fila al supermercato, peso da trasportare, spazio sacrificato…
E in definitiva risparmierai, sfruttando al 100% l’acqua che già paghi (e non più al 60% come oggi… infatti, nelle voci di bolletta, troverai il tuo contributo obbligatorio alle riparazioni e alla depurazione che dovrebbe essere garantita per legge, generando un 40% di perdita ogni singolo anno).
Inoltre non dovrai mai più preoccuparti dell’approvvigionamento.
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A presto,
lo staff Aquamea