In questo 2022 la mancanza di acqua non si registra solo da fiumi, laghi e falde (siccità a livelli record, senza pioggia e neve). La sofferenza tocca direttamente la fonte primaria di approvvigionamento (ahinoi), cioè i supermercati. Anche se in questo caso il problema non è legato ad una carenza della risorsa idrica… Perché é un problema di anidride carbonica.
Sembrerebbe che i costi di produzione industriale e di estrazione naturale della materia prima siano schizzati alle stelle a causa dei rincari energetici, mettendo in difficoltà il mercato al dettaglio e la grande distribuzione. Mancano le bollicine, così iniziano a sparire le bottiglie di acqua frizzante.

Il problema sta assumendo sempre più cronicità e di giorno in giorno potrebbe ingigantirsi in maniera crescente. Anche se nel corso delle ultime settimane diversi produttori hanno affrontato la questione – svelando per quali motivi la produzione ha fatto segnare un calo di produzione – lo scenario non è cambiato minimamente.
Purtroppo questo calo di produzione si riversa sui cittadini: alcuni punti vendita hanno cominciato a mettere in atto un piano di vendita razionalizzata al fine di non esaurire tutti gli stock presenti nei loro magazzini nel giro del breve periodo.
Questa razionalizzazione impone un limite massimo di unità che ogni persona potrà comprare.
Come se non bastasse, anche l’acqua naturale va a ruba.
E questo succede a causa dell’effetto psicosi: pensando che la penuria di prodotti sia generale e non circoscritta all’acqua minerale, c’è chi fa incetta anche di quella senza anidride carbonica.
Ed ecco che bere acqua, da diritto, diventa un lusso per pochi fortunati.

In Veneto hanno già dovuto ammettere la resa.
Gli stock di magazzino vanno verso l’esaurimento ed alcuni punti di vendita (Treviso, Vicenza) stanno esponendo annunci simili all’ingresso:
«Avvisiamo la clientela che i nostri fornitori hanno problemi di consegna a causa di carenza d’acqua, carenza di mezzi di trasporto, carenza di Co2».
Una condanna vera e propria.
Le aziende che producono Co2, dovendo scegliere a chi vendere il prodotto (è la legge del mercato, dicono), hanno dato priorità al settore medico sanitario.
A rimetterci sono le aziende del «beverage», che già da mesi si confrontano con i rincari delle bollette e delle altre materie prime come l’alluminio per i contenitori.
A Verona c’è lo stabilimento più grande d’Europa di Coca Cola, e se l’anidride carbonica mancasse lì sarebbe un grosso colpo.
«Il mercato sta registrando effettivamente una carenza del prodotto, chi si affida a fornitori esterni è in difficoltà – afferma Giangiacomo Pierini, Corporate Affairs & Sustainability Director – ma noi siamo autonomi, per il Veneto riusciamo a produrla totalmente, mentre negli altri impianti abbiamo scorte che ci permettono di non andare in sofferenza. In questo modo, la lavorazione non si ferma».
Però, se la Coca Cola è salva, non si può dire lo stesso per l’acqua frizzante:
«Sono state date rassicurazioni sul rientro alla normalità – spiegava nei giorni scorsi il vicepresidente di Mineracque Ettore Fortuna -, nel frattempo si sta facendo ricorso a fornitori alternativi o ad altri impianti europei. Stiamo continuando a “servire” il mercato».

Fra i consumatori diretti c’è chi, per aggirare il problema, sta passando a tecnologie innovative, strumenti magnifici che purificano e decontaminano l’acqua del rubinetto restituendola priva di batteri ed inquinanti, naturale, frizzante, fredda o a temperatura ambiente.
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