Inquinamento del suolo e cattiva erogazione dell’acqua: quali sono le cause più comuni in Italia?

Quando si parla di inquinamento delle risorse naturali ci si sofferma – il più delle volte – sull’inquinamento dell’aria (polveri sottili, effetto serra, radicali liberi) e dell’acqua (microplastiche).

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Tuttavia, un problema altrettanto importante riguarda l’inquinamento del suolo.

Tecnicamente, con l’espressione inquinamento del suolo si indica l’alterazione dell’equilibrio chimico-fisico e biologico del suolo, nonché la predisposizione all’erosione, agli smottamenti e all’ingresso di sostanze dannose nella catena alimentare dell’uomo.

In sintesi, un suolo inquinato è una porzione di terreno non compatibile con il regolare svolgimento della vita vegetale, animale e umana.

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Scopriamo insieme quali sono le cause più comuni – anche – in Italia.

I rifiuti
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Le cause dell’inquinamento del suolo sono numerose. Questo fenomeno è generato dai rifiuti solidi, liquidi e gassosi. Per questo è fondamentale – per il cittadino comune e per le aziende – effettuare correttamente la raccolta differenziata. Purtroppo, lungo il territorio nazionale, sono ancora molto diffuse le discariche abusive. Molti di noi, poi, ricordano gli scandali relativi all’interramento di rifiuti tossici e pericolosi in aree rurali abbandonate o coltivate. Tra i rifiuti più pericolosi per la qualità del suolo, ci sono i medicinali scaduti, soprattutto quelli in forma liquida che, oltre ad inquinare il suolo, raggiungono le falde acquifere sotterranee, danneggiandone il delicato equilibrio. E ancora: le pile scariche, gli insetticidi, i fertilizzanti, i concimi chimici e il mercurio. Tra i rifiuti inquinanti per il suolo, in forma gassosa, c’è invece il CFC, propellente rilasciato dalle bombolette spray al momento dell’uso.

Anche le acque di scarico risultano inquinanti per il suolo. Nello specifico, si tratta di acque compromesse dall’azione dell’uomo dopo il loro utilizzo in ambito domestico, industriale o agricolo, diventando così non idonee ad un uso diretto. Nelle acque di scarico contaminate sono presenti sostanze galleggianti come grassi, oli, schiume, sostanze sospese e disciolte, ma anche materiali biologici come organismi vegetali e animali.

Pratiche agricole non sostenibili
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L’agricoltura è fondamentale per la coltivazione dei prodotti alimentari, ma alcune pratiche agricole non sostenibili purtroppo continuano a contaminare il suolo. Le piante, per crescere, hanno bisogno di sostanze nutritive: l’agricoltura intensiva può provocare il depauperamento dei nutrienti presenti nel suolo più rapidamente di quanto la natura possa reintegrarli. I fertilizzanti contribuiscono a compensare tale deficit, introducendo sostanze nutritive aggiuntive. Le piante però non assorbono l’intera quantità di fertilizzante e il surplus di prodotto altera l’equilibro dell’ecosistema del suolo, oltre a finire nei laghi e nei fiumi. C’è poi il rame, utilizzato da decenni come fungicida nei vigneti e nei frutteti. Un recente studio di larga scala sui suoli europei ha evidenziato che le concentrazioni di rame nei vigneti erano tre volte superiori alla media. Il rame viene aggiunto al mangime animale e, quando il letame viene sparso sui prati e su altri terreni agricoli, viene introdotto nell’ambiente.

Idrocarburi e diossine
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Tra le sostanze che inquinano il suolo, legate allo svolgimento delle attività umane, ci sono gli idrocarburi, composti organici che contengono atomi di carbonio e di idrogeno. Si suddividono in: idrocarburi solidi (presenti nell’asfalto e nel bitume), liquidi (presenti nel petrolio e in benzene, esano, ottano) e gassosi (metano, propano, butano). La fratturazione idraulica viene considerata tra le pratiche di estrazione degli idrocarburi più invasive e pericolose per la qualità del suolo. Passiamo poi alle diossine: sono i più potenti veleni conosciuti. Si tratta di molecole molto varie a cui appartengono composti cancerogeni tossici sia per l’uomo che per gli animali. Le diossine derivano da processi naturali di combustione (come gli incendi di foreste o le emissioni di gas dei vulcani) oppure da specifiche attività umane come l’incenerimento dei rifiuti o i processi di produzione industriale.

Altre attività umane
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Alcune attività umane risultano inquinanti sia per l’aria che per il suolo, come i trasporti e il riscaldamento domestico e industriale. Trasporti e riscaldamento rilasciano un’enorme quantità di polveri sottili che successivamente si depositano nel terreno, inquinandolo. Anche una larga parte dei materiali impiegati nel settore edilizio può inquinare il suolo. Ne sono un esempio le vernici a base di piombo che, cadendo dalle pareti degli edifici, penetrano e contaminano il terreno. L’attività industriale e lo smaltimento non corretto dei rifiuti elettronici possono infine causare la contaminazione con metalli pesanti come arsenico, cobalto, cromo, rame, fluoro, manganese, nichel, silicio, zinco, mercurio, piombo o altre sostanze nocive come acidi e solventi.

I residui bellici

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Quello relativo ai residui bellici è un dato da non sottostimare. In base ai dati della FAO, infatti, ci sono all’incirca 110 milioni di mine o altri ordigni inesplosi sparsi in 64 Paesi lungo tutti i continenti. Questi residui bellici possono avere conseguenze mortali per gli agricoltori e possono rilasciare metalli pesanti, in aria e nel terreno, attraverso gli agenti atmosferici.

Le scorie radioattive

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Una quantità di materiale radioattivo, prestabilita e autorizzata da autorità competenti, può essere reintrodotta nell’ambiente dalle industrie nucleari. Basti pensare a cosa è accaduto a Fukushima e a Chernobyl. Sostanze nocive come il cesio-137 si depositano nel suolo e possono essere pericolose per l’uomo in diversi modi: quando si cammina sul suolo contaminato, quando si respirano particelle nocive presenti nella polvere che si alza dal suolo contaminato o, ancora, quando si ingeriscono alimenti coltivati su terreni contaminati.

News dal territorio
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Spesso i problemi ci sembrano lontani. Eppure, quanto successo in Veneto con i PFAS, può ripetersi in ogni altra regione.

I depuratori dei comuni nell’area di Benevento, ad esempio, stanno sempre peggio. Siamo in Campania e, dopo indagini giudiziarie, sequestri eclatanti, denunce pubbliche giunte fino alle cronache nazionali, era lecito attendersi una drastica inversione di tendenza.

E invece la condizione degli impianti di trattamento delle acque reflue in provincia di Benevento continua a essere insoddisfacente. Lo certificano i controlli eseguiti nel 2021 dall’Arpac che ha stilato nei giorni scorsi il report annuale. Più della metà degli impianti visitati dai tecnici dell’Agenzia sono risultati non in regola con i parametri fissati dal decreto 152/2006 (Testo unico sull’ambiente), segnatamente con la tabella 5 che indica i valori limite di sostanze inquinanti nelle acque prelevate a valle dell’infrastruttura.

In 11 casi sui 19 totali verificati, i campioni d’acqua sono risultati ancora pesantemente contaminati malgrado il presunto trattamento di bonifica. L’elenco delle sostanze finite nei fiumi lo scorso anno è raccapricciante: escherichia coli, tensioattivi, azoto ammoniacale, solidi sospesi.

Non se la passano meglio in Sicilia, dove il sindaco di Agrigento ha firmato un’ordinanza (trasmessa all’Aica e alla Prefettura) dichiarando l’acqua non conforme all’uso potabile a causa della presenza sia di batteri coliformi che escherichia coli, accertata a seguito di apposite analisi.

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Un solo rimedio sicuro

Ogni regione – purtroppo – è un potenziale bersaglio. Sarebbe un sogno dare un colpo di bacchetta magica e risolvere tutti i problemi e i conseguenti disagi legati al mondo dell’acqua.

Ma è impossibile.

Non possiamo prenderci la briga di ripulire tutte le condotte dal calcare, dal piombo, dai nitrati e dai nitriti.

Non possiamo evitare l’uso della plastica e non possiamo impedire alle aziende di inquinare.

E per quanto in un futuro – molto lontano – queste parole suoneranno bizzarre…

… l’unica soluzione percorribile oggi è quella di proteggerci tra le mura amiche.

Assicurarci di ottenere, dentro casa, acqua pura e decontaminata direttamente dal rubinetto.

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Un impianto di depurazione domestica ad osmosi inversa annulla l’eventuale presenza di residui di calcare e di cloro. Così, oltre a proteggere la tua salute, potrai dire addio per sempre all’acqua nelle bottiglie di plastica. E in definitiva risparmierai… perché l’acqua del rubinetto è pressoché infinita e non dovrai mai più preoccuparti dell’approvvigionamento.

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